Questo è un tema che riguarda tutti gli imprenditori che cercano di motivare i dipendenti per migliorare le performance e aumentare la produttività.
Ma quali sono le possibili soluzioni?
Talvolta le soluzioni sono più semplici di quello che si pensa ed è questo il caso di cui vi parlo.
Conoscete l’effetto Hawthorne in campo imprenditoriale?
Fu scoperto per caso durante una ricerca condotta dalla Harvard Business School di Chicago negli stabilimenti di un’azienda ad Hawthorne nell’Illinois.
Il vero scopo della ricerca era scoprire come le condizioni di lavoro, nello specifico l’illuminazione, potesse influenzare la produttività degli operai.
Le ipotesi erano che ci fossero delle variabili indipendenti responsabili della produttività (luminosità, orario di lavoro, numero di pause, salario, temperatura).
I risultati furono incongruenti: la produzione aumentava sia che si migliorassero le condizioni sia che queste peggiorassero. Si ipotizzò quindi la presenza di una variabile manipolata inconsapevolmente dallo sperimentatore. Per scoprirle quale fosse questa variabile vennero fatte delle interviste a esperimento concluso.
Si dedusse che esisteva un «effetto Hawthorne», in altre parole che l’incremento di produttività fosse attribuibile al ruolo di supervisione svolto dagli stessi ricercatori.
Quindi l’aumento venne attribuito all’attenzione dimostrata ai lavoratori, che si erano impegnati molto di più per “soddisfare” i ricercatori e dimostrare la propria abilità.
L’effetto Hawthorne si riferisce al fatto che il soggetto della ricerca si rende conto (più o meno coscientemente) di essere oggetto di osservazione e questo modifica il suo comportamento.
Questa scoperta ha avuto notevoli implicazioni, sia a livello metodologico che manageriale.
Dal punto di vista metodologico, introdusse la consapevolezza che l’atto dell’osservazione in se stesso può influenzare il comportamento dei soggetti, oggetto della ricerca.
Dal punto di vista imprenditoriale, la consapevolezza riguardò invece la correlazione, a quel tempo non scontata, che comunicare e interagire con i lavoratori poteva portare a maggiori livelli d’impegno e di produttività.” (Pedon A. e Gnisci A. (2016), Metodologia della ricerca psicologica)
Questo è quello che emerge ogni volta che incontro aziende ed imprenditori che si prendono cura dei propri dipendenti. Dedicano loro tempo per ascoltarli e condividono quali sono le attività e gli strumenti migliori per la loro crescita.
Ecco perché il tempo impiegato per fermarsi e riflettere e osservare con una attenzione dedicata alle persone non è tempo perso! Anzi, è un tempo che porta valore, che aiuta le persone ad acquisire nuove consapevolezze ed è una delle attività di altissimo impatto del “training on the job“.
E’ incredibile osservare come ancora oggi a distanza di 100 anni dalla scoperta di questo fenomeno si faccia ancora fatica a capire l’importanza di questi aspetti relazionali.